inserito da Davide, 12/09/2013 08:14:08
Commenti e riflessioni su questo splendido brano della Parola a cura di Vito Cassone.
Davanti a questo brano così ricco di sapienza evangelica, non possiamo far finta di niente e dire: non è per me. Il Signore attraverso l’annuncio delle Beatitudini ci dimostra come egli vede, sente e desidera la nostra vita di discepoli. Possiamo dire di trovarci davanti a una “trasfigurazione al contrario”: mentre sul monte Tabor gli occhi dei discepoli possono vedere l’inaudita bellezza del Cristo, nelle sue parola possiamo cogliere il suo sguardo posto su di noi. Si, siamo chiamati ad imparare a guardare noi stessi ricomprendendoci a partire dal suo sguardo, delicatamente acceso di compassione. Restiamo disarmati davanti a questa pagina del Vangelo che mira in alto; potremmo benissimo far girare a vuoto queste parole, anzi queste promesse di Gesù. Tante domande affollano il nostro cuore tra cui: come si fa a far sì che le otto Beatitudini del Vangelo diventino vita mia? Che trasformino i miei comportamenti quotidiani, e diano ai miei comportamenti quotidiani la forma di Gesù? Il cammino è questo. La prima fondamentale beatitudine, dice: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3). Il significato è: non che i poveri sono migliori degli altri e quindi hanno dei meriti particolari. Ma vuole dire che i poveri sono coloro che stanno davanti a Dio nell’atteggiamento del mendicante, di chi sa di dovere ricevere. Quindi immagina la vita, non come l’affermazione di se stesso: debbo affermarmi o conquistare quello che mi sono proposto di raggiungere. Ma pensano e vivono la vita come un dono da accogliere con umiltà e con riconoscenza. “Poveri in spirito” è esattamente l’opposto dell’autosufficienza, di chi dice: io ho la mia intelligenza, le mie forze, la mia virtù e con i soldi che possiedo realizzo la mia vita. Al contrario, l’atteggiamento del “povero in spirito”, è di chi tende la mano a Dio e dice: “Signore, abbi pietà di me” (Mc 10, 47), che sono un uomo bisognoso, che non posso riempire la mia vita, se non attraverso il tuo dono e la tua grazia. Sono «Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati» (Mt 5, 4). Non perché è bello essere afflitti, ma sono “beati coloro che piangono” perché Dio ha deciso di consolarli. Quindi un afflitto, che ritrova la consolazione nella grazia del Signore, nella vicinanza di Dio, trova in questo un motivo di gioia e di speranza. Sono «Beati i miti, perché avranno in eredità la terra» (Mt 5, 5). Non dice: perché conquisteranno la terra. Conquistare la terra vorrebbe dire: sono forte e mi impegno a conquistare il mondo. Ma questa “terra”, di cui qui si parla, è la terra promessa di Dio, che l’uomo non può raggiungere o conquistare nemmeno mettendo insieme tutti i beni della terra. L’atteggiamento per conquistare questa terra è piuttosto del rinunciare a conquistarla, cioè a coglierla come un dono del Signore. Per questo sono “beati i miti”. Nel mondo sono beati i prepotenti, perché riescono a conquistare; sono prepotenti i conquistatori del mondo, che riescono a coalizzare forze ed energie e a imporre il proprio dominio sopra gli altri cinque. Ma i prepotenti possono forse dominare almeno per qualche tempo sul mondo, ma non possono evidentemente dominare sul Regno di Dio, non possono scalzare la sovranità e il potere di Dio. Invece nel Regno di Dio sono beati i miti. Come Gesù che si è presentato come mite: “imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11, 29); quindi la mitezza. «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia» (Mt 5, 6a). Con la parola “giustizia”, intendete non solo la giustizia umana, che ci sta dentro. Ma molto di più: intendete quel progetto che Dio ha sul mondo e sulla storia che è di giustizia, ma di amore, di solidarietà, di fraternità, di comunione e di pace. Allora diventano beati quelli che hanno un desiderio grande che si compia il progetto di Dio, che non riescono ad essere soddisfatti di qualunque altra cosa; non basta a loro il fatto di essere ricchi, se c’è ingiustizia nel mondo; non basta a loro il fatto di essere sapienti, se c’è falsità nel mondo. Hanno il desiderio che il mondo
intero sia trasformato secondo il disegno di Dio; e non si rassegnano alle ingiustizie o alle cattiverie o alle violenze o agli inganni. Questi sono beati, «perché saranno saziati» (Mt 5, 6b). Il passivo nasconde il nome di Dio, quindi vuole dire: perché Dio li sazierà, Dio eserciterà in modo pieno la sua sovranità sul mondo. Allora il desiderio di giustizia che sta nel cure di queste persone sarà finalmente un desiderio saziato da Dio, e non semplicemente dagli uomini, anche se l’uomo deve impegnarsi e fare tutto quanto è possibile. Ma la speranza non è in quello che gli uomini possono fare, ma in quello che Dio ha promesso. Diventano «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5, 7). I misericordiosi sono ancora il riflesso di Gesù Cristo. Prendete l’atteggiamento di Gesù nei confronti dei peccatori: atteggiamento di perdono e di accoglienza senza limiti; che non è un considerare il peccato come qualche cosa da poco, ma il credere nella potenza di perdono che viene da Dio ancora una volta. Allora i misericordiosi, che sanno di avere bisogno di misericordia e che per questo cercano di usare misericordia verso gli altri, sono beati. Perché sono loro che hanno bisogno di misericordia; quindi ciascuno di noi è un bisognoso. Sono «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5, 8). “I puri di cuore” sono quelli che hanno un cuore semplice. Il contrario è un cuore doppio, falso. “Un cuore falso” vuole dire: un cuore che fa vedere una cosa, ma che ha dei doppi fini nascosti, che in fondo cerca per delle strade tortuose di realizzare qualche cosa che gli sta a cuore. Invece “il cuore puro” è il cuore che non ha doppi fini, che non ha mete nascoste, che si presenta con semplicità e con trasparenza. Sono “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”, cioè Dio si lascia vedere proprio nella trasparenza, e non nella falsità o nell’inganno. «Beati i costruttori di pace» (Mt 5, 9). Sono quelli che non mettono zizzania nei rapporti umani, che non mettono uno contro l’altro, che non vanno a dire a uno: “Attenzione
che Tizio ha detto di te questo…”; in modo da creare delle contrapposizioni o delle tensioni. Invece, se ci sono tensioni, le prendono sopra di sé e le pagano con la loro sofferenza, come alla fine ha fatto Gesù Cristo. Dice Paolo nella Lettera agli Efesini: “Gesù Cristo è la nostra pace” (Ef 2, 14), perché ha preso sopra di sé gli insulti di tutti, del suo popolo, dei romani e dei suoi discepoli. Non c’è nessuno che si sia tirato indietro dagli insulti nei confronti di Gesù. Gesù li ha presi tutti sopra di sé. In questo modo ha creato unità dove c’era divisione. Dal punto di vista della disponibilità al Regno di Dio, non hanno più senso né valore le divisioni tra Giudei e pagani, tra discepoli o non discepoli. Questo Regno è offerto gratuitamente a tutti gli uomini nella croce di Cristo, perché Cristo è morto per tutti e non per qualcuno. «Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 10). Questo fa ancora parte dell’immagine di Gesù, che per la giustizia, cioè per la volontà del Padre, ha subito la passione e la croce. E deve diventare un elemento anche dell’immagine del discepolo. Questo non vuole dire andare a cercare la persecuzione, ma significa: non stupirsi più di tanto quando eventualmente la persecuzione dovesse manifestarsi; cioè il riconoscere che entra anche questo dentro ad un cammino di rinnovamento del mondo. Perché il mondo possa diventare più fraterno e giusto, bisogna pagare anche questo prezzo. Queste beatitudini ci assicurano che il senso della nostra esistenza è la felicità. Per ben otto volte si ripete la promessa della felicità per l’uomo. Se noi almeno una volta riuscissimo ad aver fede a questa promessa di felicità che il Signore Gesù ci propone, diventeremmo capaci di Dio. Buona domenica.