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Progettare un percorso di animazione e pastorale. Sette utili indicazioni per costruire un programma per i vostri ragazzi.

Partire senza una meta, è come ritrovarsi in deserto sconfinato e non vedere che sabbia oltre l'orizzonte. Non avere percezione di alcuna strada o di alcun sentiero che ci porti all’incontro con la sorgente, con l’acqua della quale abbiamo un disperato bisogno.
Definire un percorso e degli obiettivi è importante per tanti aspetti: per non sentirsi smarriti, per non avere una sensazione di vuoto, per misurare il grado di raggiungimento degli obiettivi stessi.
Allo stesso tempo stendere un piano, una bozza di programma che copra anche un intervallo temporale di tre o quattro anni può essere molto difficile se non abbiamo mai avuto esperienze di questo tipo.
Cerco allora di fornire alcune indicazioni, di abbozzare una metodologia per la stesura di un programma educativo per giovani che possa almeno rappresentare una buona proposta da condividere con i sacerdoti e con gli altri animatori del vostro gruppo. Sono sicuro che nessuno di voi sperasse di trovare qui un programma bello e pronto sul quale fare CTRL+C e CTRL+V, o sbaglio? ;-)

Prima indicazione: impostate un programma di alto livello e raffinatelo solo successivamente, verticalizzando i temi sulla base delle esigenze che, vedrete, appariranno chiare dopo ogni minuto di animazione.

Seconda indicazione: raccogliete spunti ed indicazioni da chi ha seguito questo percorso prima di voi. Utilizzate anche le indicazioni che fornisce annualmente la diocesi.

Terza indicazione: valutate in modo “critico” tutto il materiale che avete a disposizione. Ogni anno cambiano tante cose, a livello sociale, a livello metodologico, a livello di contenuti, ma soprattutto, cambiano i ragazzi. Non date nulla per scontato, “smontate”, aggregate, integrate, eliminate, nessuno decida per voi.

Quarta indicazione: progettate e definite un programma pensando a chi è rivolto. Non è di alcuna utilità realizzare un programma “accademico”, completo, esaustivo, catechistico ma che non ha un’anima. Costruite il percorso mettendovi nei panni di chi dovrà percorrerlo, della sua capacità di interiorizzarlo, di apprezzarlo, di incuriosirsi ad ogni passaggio. In caso contrario sarà come pioggia su un telo cerato, ogni goccia scivolerà via, senza bagnare, come se non fosse mai caduta, mai esistita.

Quinta indicazione: non siate troppo “ambiziosi” inizialmente. E’ opportuno orientare gli sforzi in una prima fase per creare un “canale”. Questo è un concetto molto importante. Una buona parte del programma del primo anno dovrebbe essere modellata con l’obiettivo di creare un “canale”. Immaginate una situazione iniziale nella quale tra voi ed i ragazzi esista fisicamente un grosso muro. Non solo. Queste mura, solide, spesse, imponenti, separano anche un ragazzo dall’altro. Voi che potete farlo, utilizzate per un attimo un paio di robuste ali, salite un po’ più in alto e li vedrete li, in una specie di labirinto, apparentemente sereni ad occupare i loro spazi, divisi dagli altri e da voi solo da pochi centimetri ma in uno stato di quasi totale mancanza di comunicazione. Aggiungete anche nelle loro stanze delle forti sorgenti di rumore, delle luci abbaglianti, dei suoni scoordinati, delle immagini confuse che li attirano, li adulano e li distraggono. Le parole, i concetti, i sentimenti, i consigli, tutto batte sui muri e rimbalza violentemente sulle nostre facce abituandoci ai primi, dolorosi, educativi (per noi), fallimenti.

(immagine labirinto ragazzi)

Ecco, abbiamo un primo importante problema. Possiamo avere un programma sul quale abbiamo lavorato anche per i tre mesi successivi al nostro esame di maturità, rinunciando anche a parte delle nostre vacanze e del nostro tempo libero. Possiamo averlo condiviso con gli altri animatori, integrato con i contributi dei sacerdoti e dei testi della diocesi o altri testi specialistici acquistati in libreria. Ma non abbiamo nessuno al quale “comunicarlo”. Chiudete le vostre ali, e tornate nel labirinto, provateci ugualmente se volete ma non ci riuscirete o il risultato che otterrete, a fronte di un enorme sforzo, sarà equivalente ad aver spostato una grossa cassa di un centimetro, mentre l’obiettivo era portarla al ventesimo piano di un palazzo.
Non importa se saranno i primi giorni, i primi mesi, ed in alcuni casi i primi anni, da dedicare alla creazione del “canale”, solo quando questo sarà aperto, la vostra comunicazione sarà efficace ed i “titoli del vostro programma” avranno un senso per i vostri ragazzi. Nel labirinto ci torneremo, come muoversi in quel mondo è uno degli obiettivi di questo libro.

Sesta indicazione: è utile nella definizione di un programma ragionare per “valori”. A prescindere dalla metodologia didattica, dalle tecniche, dalle risorse, i valori sono il cuore pulsante di ogni programma. Fatene una lista, filtratela, ordinatela per complessità e “spalmateli” lungo il percorso. Ogni valore deve avere un ruolo, un colore, essere inserito in una successione armonica, deve essere un faro per i ragazzi, accompagnarli, stupirli. Un programma di un gruppo giovanile, non può più avere esclusivamente un approccio catechistico, non può essere equivalente ad un talk-show generalista su temi di attualità e d’interesse, non può essere vago e confuso. I valori, rappresentano la struttura ossea, l’impalcatura, le colonne portanti. Obiettivo di un programma è quello di fare in modo che alla fine di un percorso educativo ogni ragazzo porti nel cuore e nella mente i valori che “voi” avete inserito nel suo percorso formativo e sulla base di tali valori possa condizionare e guidare tutte le sue scelte da adulto.
Dal fondo arriva una pertinente osservazione: “Che banalità. E’ già quello che fa ogni famiglia ed ogni genitore da quando un bambino nasce e durante tutto il suo percorso di crescita”.
Risposta: “I genitori si trovano a volte nello stesso labirinto di cui parlavamo prima, e le loro stanze hanno muri altrettanto spessi. Inoltre i valori ai quali cerchiamo di educare hanno una forte componente cristiana che non per tutti i genitori è facile vivere in prima persona e testimoniare ai propri figli. Alcuni ragazzi non hanno affatto i genitori.”.
Nessuno si senta offeso o destituito del suo ruolo. La famiglia è il tempio dell’educazione ma prendano atto con estrema umiltà tutti gli attori coinvolti, che il gruppo, gli amici e la figura dell’educatore o del sacerdote hanno a disposizione degli strumenti potentissimi per affiancarsi e sostenere il percorso educativo che sicuramente, quando possibile, hanno già intrapreso e portano faticosamente avanti i genitori.

Settima indicazione: Personalizzazione. E’ l’ingrediente che da gusto. Il vostro programma è una ricetta unica, speciale. Immaginate solo per un attimo e spero con tutto il cuore che tutti abbiano bisogno solo di immaginarlo, che il primo giorno in cui presentate ai ragazzi il vostro programma vengano distribuiti dei fogli fotocopiati da un testo qualsiasi.
Entrate un secondo, senza disturbare, nella testa dei ragazzi: “Ah, una fotocopia. Un programma scritto e pensato da un autore che non ci conosce e non conosciamo. Scritto minimo un anno fa. Uguale a tanti altri. Magari affrontato e seguito da tanti altri. L’animatore si è speso solo per fare 20 fotocopie.”.
Se ci riuscite, non proponete mai ad un gruppo di giovani una cosa uguale a se stessa.
Loro non sono un gruppo che si deve adeguare ad un programma, non sono degli individui da modellare secondo uno standard, non sono sabbia da plasmare con delle formine. Loro sono unici. Unico è ciascuno di loro ed uniche, ad un livello superiore sono la composizione e l’interazione delle loro personalità. Una ricchezza enorme, smisurata, dalla quale imparerete ad attingere, a gioire e con fatica e soddisfazione imparerete a guidare.

Riassumiamo
Prendiamo spunti, pensiamo ai ragazzi, impostiamo sulla base di valori, consideriamo tra gli obiettivi il fatto di creare un canale di comunicazione efficace, personalizziamo.
Davide

Davide

Staff di Animatamente dal 2009. Animatore esperto con più di 20 anni di esperienza con bambini, ragazzi e giovani.

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