inserito da Rossella, 23/07/2009 19:07:00
La vita, appunti, lettere, ed altre informazioni su Gianna Beretta Molla. Una delle figure femminili più dolci ed intense della cristianità moderna. Una donna, medico, madre, Santa per la sua scelta di donare la vita per sua figlia.
(dal sito giannaberettamolla.org)
La famiglia
Gianna Beretta Molla nacque a Magenta (Milano), nella casa di campagna dei nonni paterni, da genitori profondamente cristiani, entrambi Terziari francescani, il 4 ottobre 1922, festa di San Francesco d’Assisi, e l’11 ottobre, nella Basilica di San Martino, ricevette il S. Battesimo con il nome di Giovanna Francesca.
Era la decima di tredici figli, cinque dei quali morirono in tenera età e tre si consacrarono a Dio: Enrico, medico missionario cappuccino a Grajaù, in Brasile, col nome di padre Alberto; Giuseppe, sacerdote ingegnere nella diocesi di Bergamo; Virginia, medico religiosa canossiana missionaria in India.
La famiglia Beretta visse sino al 1925 a Milano, in Piazza Risorgimento n.10; durante i 18 anni della sua residenza milanese, frequentò assiduamente la Chiesa dei Padri Cappuccini in Corso Monforte.
Nel 1925, dopo che l’influenza spagnola si era portata via tre dei cinque figli che morirono in tenera età, e a seguito di un principio di tubercolosi della sorella maggiore Amalia, di sedici anni, la famiglia si trasferì a Bergamo in Borgo Canale n.1, dove l’aria di collina era più salubre.
Il papà di Gianna, Alberto, nato come lei a Magenta, era impiegato al Cotonificio Cantoni, e fece enormi sacrifici perché tutti i figli potessero studiare sino alla laurea, riducendo tutte quelle spese che riteneva essere spese inutili, come quando, di punto in bianco, smise di fumare il suo sigaro. Uomo dalla fede profonda, dalla pietà sincera, convinta e gioiosa, fu loro di grande esempio cristiano: ogni giorno si alzava alle 5 per recarsi alla S. Messa ed iniziare così, davanti al Signore e nel Suo nome, la sua giornata di lavoro. Anche la mamma, Maria De Micheli, nata a Milano, era donna dalla fede profonda, dall’ardente spirito di carità, dal carattere umile e al tempo stesso forte, fermo e deciso. Si recava anch’ella ogni giorno alla S. Messa, insieme ai suoi figlioli, dopo che il marito era partito per raggiungere con il treno, a Milano, il suo posto di lavoro. Mamma Maria si occupò di ciascun figlio come se ne avesse avuto uno solo; correggeva i suoi figlioli aiutandoli a capire i loro sbagli e talvolta bastava il solo sguardo. Fu loro sempre vicina: imparò persino il latino e il greco per seguirli meglio negli studi.
La giovinezza
Gianna, sin dalla prima giovinezza, accolse con piena adesione il dono della fede e l’educazione limpidamente cristiana che ricevette dai suoi ottimi genitori, che con vigile sapienza la accompagnarono nella crescita umana e cristiana e la portarono a considerare la vita come un dono meraviglioso di Dio, ad avere una fiducia illimitata nella Divina Provvidenza, ad essere certa della necessità e dell’efficacia della preghiera. Fu da loro educata all’essenziale, alla sensibilità verso i poveri e le missioni, secondo lo stile francescano.
Immersa in questa atmosfera familiare di grande fede e amore per il Signore, Gianna ricevette la sua Prima Comunione a soli cinque anni e mezzo, il 4 aprile 1928, nella Parrocchia Prepositurale di Santa Grata a Bergamo Alta. Da quel giorno andò con la mamma tutte le mattine alla Messa: la S. Comunione divenne “il suo cibo indispensabile di ogni giorno”, sostegno e luce della sua fanciullezza, adolescenza e giovinezza. Il 9 giugno 1930 ricevette la S. Cresima nel Duomo di Bergamo.
Crebbe serena, prodigandosi per i fratelli e le sorelle, senza mai stare in ozio: amava tutte le cose belle, la musica, la pittura, le gite in montagna.
In quegli anni non le mancarono prove, sofferenze e difficoltà, che però non produssero traumi o squilibri in Gianna, data la ricchezza e la profondità della sua vita spirituale, ma anzi ne affinarono la sensibilità e ne potenziarono la virtù.
Nel gennaio 1937 morì la sua carissima sorella Amalia, all’età di 26 anni, e la famiglia si trasferì a Genova Quinto al Mare, città che era anche sede universitaria e favoriva, così, lo stare tutti insieme, come era sempre stato desiderio di papà Alberto. Qui Gianna si iscrisse alla 5ª ginnasio presso l’Istituto delle Suore Dorotee.
Negli anni della residenza genovese, Gianna maturò profondamente la sua vita spirituale.
Durante un corso di S. Esercizi Spirituali, predicato per le alunne della scuola delle Suore Dorotee dal Padre Gesuita Michele Avedano nei giorni 16-18 marzo 1938, Gianna, a soli quindici anni e mezzo, fece l’esperienza fondamentale e decisiva della sua vita. Di questi Esercizi è rimasto il quadernetto, di trenta paginette, di Ricordi e Preghiere di Gianna, tra i cui propositi si legge: “Voglio temere il peccato mortale come se fosse un serpente; e ripeto di nuovo: mille volte morire piuttosto che offendere il Signore”. E tra le sue preghiere: “O Gesù ti prometto di sottomettermi a tutto ciò che permetterai mi accada, fammi solo conoscere la tua Volontà…”.
Contribuì in modo determinante a far maturare in pienezza il cammino spirituale di Gianna anche l’azione pastorale dell’ottimo Parroco di Quinto al Mare, il noto liturgista Mons. Mario Righetti: egli, che divenne suo direttore spirituale, l’ebbe attiva collaboratrice nell’Azione Cattolica come delegata delle Piccolissime, e le inculcò l’amore alla liturgia, che fu per lei una fonte di vita spirituale; proprio a Genova ella acquistò il messale quotidiano del Caronti, che usò ogni giorno.
Finita la quinta ginnasiale, i genitori di Gianna credettero bene farle sospendere le scuole per un anno affinchè rinforzasse la sua delicata costituzione, e lei si sottomise docilmente, passando così un anno in dolce compagnia dei genitori, contenta di avere l’occasione di conoscerli maggiormente per poter poi imitare sempre più le loro virtù.
Nell’ottobre 1939 riprese gli studi, frequentando il liceo classico nell’Istituto delle Suore Dorotee di Lido d’Albaro.
I bombardamenti su Genova provarono molto mamma Maria, già debole di cuore, e così la famiglia, nell’ottobre 1941, ritornò a Bergamo, nella casa dei nonni materni a San Vigilio.
Fu qui che Gianna, proprio nell’anno della maturità classica, perse entrambi i genitori, a poco più di quattro mesi di distanza l’una dall’altro, prima la mamma, il 29 aprile 1942, all’età di 55 anni, e poi il papà, il 10 settembre, all’età di 60 anni.
La maturità
Dopo la morte dei genitori, nell’ottobre 1942 Gianna ritornò, con tutti i fratelli e le sorelle, a Magenta, nella casa dove era nata.
Nel novembre dello stesso anno si iscrisse e frequentò la Facoltà di Medicina e Chirurgia, prima a Milano e poi a Pavia, dove si laureò il 30 novembre 1949.
Negli anni dell’università fu giovane dolce, volitiva e riservata, e andò sempre più affinando la sua spiritualità: quotidianamente ella partecipava alla S. Messa e alla S. Comunione, nel Santuario dell’Assunta nei giorni feriali, faceva la Visita al SS. Sacramento e la meditazione, recitava il S. Rosario.
Furono questi gli anni in cui, insieme alle sorelle Zita e Virginia, Gianna si inserì nella vita della comunità parrocchiale di San Martino, offrendo la propria collaborazione al Parroco, Mons. Luigi Crespi, e lavorando intensamente nell’educazione della gioventù nell’Oratorio delle Madri Canossiane, che divenne la sua seconda casa.
Mentre si dedicava con diligenza agli studi di medicina, tradusse la sua grande fede in un impegno generoso di apostolato tra le giovani nell’Azione Cattolica e di carità verso i vecchi e i bisognosi nelle Conferenze delle Dame di San Vincenzo, sapendo che “a Dio piace chi dona con entusiasmo” (2 Cor. 9,7): amava Dio e desiderava e voleva che molti lo amassero.
L’impressione che lasciava è riassunta da una sua compagna di liceo: “Gianna donava il suo sorriso aperto, pieno di dolcezza e di calma, riflesso della gioia serena e profonda dell’anima in pace”.
Dopo la laurea in Medicina, il 1 luglio 1950 Gianna aprì un ambulatorio medico INAM a Mesero, mentre a Magenta continuò a sostituire, al bisogno, il fratello medico Ferdinando.
Si specializzò in Pediatria a Milano il 7 luglio 1952, e predilesse, tra i suoi assistiti, poveri, mamme, bambini e vecchi.
Mentre compiva la sua opera di medico, che sentiva e praticava come una missione, premurosa di aggiornare la sua competenza e di giovare al corpo e all’anima della sua gente, accrebbe il suo impegno generoso nell’Azione Cattolica, prodigandosi per le “giovanissime”, e, al tempo stesso, continuò a sfogare con la musica, la pittura, lo sci e l’alpinismo la sua grande gioia di vivere e di godersi l’incanto del creato.
Si interrogava, pregando e facendo pregare, sulla sua vocazione, che considerava anch’essa un dono di Dio, perché: “Dal seguire bene la nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna.”
Le lettere del fratello padre Alberto, che parlavano del lavoro cui doveva far fronte da solo ogni giorno, maturarono in lei la specifica vocazione missionaria e la decisione di raggiungerlo a Grajaù per aiutarlo. Ma la sua costituzione fisica non era robusta, e il suo direttore spirituale riuscì a convincerla che questa non era la sua strada. Gianna si rasserenò e attese che il Signore le desse un segno.
L’8 dicembre 1954, in occasione della celebrazione della Prima Messa di padre Lino Garavaglia da Mesero, Gianna ebbe il suo primo incontro ufficiale con l’uomo della sua vita, l’ingegner Pietro Molla, dirigente della S.A.F.F.A., la famosa fabbrica di fiammiferi di Magenta, appartenente egli pure all’Azione Cattolica e laico impegnato nella sua parrocchia di Mesero; Gianna e Pietro erano stati entrambi invitati da padre Lino Garavaglia.
Il fidanzamento e il matrimonio
Il fidanzamento ufficiale si tenne l’11 aprile 1955, lunedì di Pasqua, con la S. Messa celebrata da Don Giuseppe, fratello di Gianna, nella Cappella delle Madri Canossiane a Magenta.
Gianna e Pietro vissero il loro amore alla luce della fede. “Carissimo Pietro…”, gli scrisse Gianna nella sua prima lettera, il 21 febbraio 1955, “ora ci sei tu, a cui già voglio bene ed intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana.” “Ti amo tanto tanto, Pietro, - gli scrisse il 10 giugno 1955 - e mi sei sempre presente, cominciando dal mattino quando, durante la S. Messa, all’Offertorio, offro, con il mio, il tuo lavoro, le tue gioie, le tue sofferenze, e poi durante tutta la giornata fino alla sera”.
Gianna godette il periodo del fidanzamento, radiosa nella gioia e nel sorriso. Ringraziava e pregava il Signore. Era chiarissima nei suoi propositi e nelle progettazioni della nuova famiglia, e, al tempo stesso, era meravigliosa nel trasmettere a Pietro la sua grande gioia di vivere, nel chiedergli come doveva essere e ciò che doveva fare per renderlo felice, nell’invitarlo a ringraziare con lei il Signore per il dono della vita e di tutte le cose belle.
Si preparò spiritualmente a ricevere il “Sacramento dell’Amore” con un triduo, S. Messa e S. Comunione, che propose anche al futuro marito: Pietro nella Chiesetta della Madonna del Buon Consiglio a Ponte Nuovo, lei nel Santuario dell’Assunta a Magenta. Pietro ringraziò Gianna del santo pensiero del Triduo, e lo accolse con tutto l’entusiasmo.
Gianna e Pietro si unirono in matrimonio il 24 settembre 1955, nella Basilica di San Martino a Magenta. Si stabilirono a Ponte Nuovo, nell’accogliente villetta riservata alla famiglia del Direttore degli Stabilimenti S.A.F.F.A., a pochi metri di distanza dalla Chiesetta della Madonna del Buon Consiglio, dove Gianna si recò quotidianamente a pregare e a partecipare alla S. Messa.
Nella piccola frazione di Ponte Nuovo Gianna, dal 1956, svolse con dedizione il compito di responsabile del Consultorio delle mamme e dell’Asilo nido facenti capo all’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (O.N.M.I.), e prestò assistenza medica volontaria nelle Scuole Materna ed Elementare di Stato.
Fu moglie felice, e il Signore presto esaudì il suo grande desiderio di diventare mamma più che felice di tanti bambini: il 19 novembre 1956 nacque Pierluigi, l’11 dicembre 1957 Maria Zita (Mariolina) e il 15 luglio 1959 Laura, tutti e tre nati nella casa di Ponte Nuovo.
Gianna seppe armonizzare, con semplicità ed equilibrio, i suoi doveri di madre, di moglie, di medico a Mesero e a Ponte Nuovo, e la sua grande gioia di vivere.
In questa armonia, continuò a vivere la sua grande fede, conformando ad essa il suo operare e ogni sua decisione, con coerenza e gioia.
Nella comunione di vita e d’amore della famiglia, che la nascita dei figli aveva reso ancora più ampia ed impegnativa, Gianna si sentì sempre pienamente appagata.
Il mistero del dolore e la fiducia nella Provvidenza
Nel settembre 1961, verso il termine del secondo mese di una nuova gravidanza, Gianna fu raggiunta dalla sofferenza e dal mistero del dolore: si presentò un voluminoso fibroma, tumore benigno, all’utero. Prima dell’intervento operatorio di asportazione del fibroma, eseguito nell’Ospedale San Gerardo di Monza, pur ben sapendo il rischio che avrebbe comportato il continuare la gravidanza, supplicò il chirurgo di salvare la vita che portava in grembo e si affidò alla preghiera e alla Provvidenza. La vita fu salva. Gianna ringraziò il Signore e trascorse i sette mesi che la separavano dal parto con impareggiabile forza d’animo e con immutato impegno di madre e di medico. Trepidava e temeva anche che la creatura che portava in grembo potesse nascere sofferente e pregava Dio che così non fosse.
Alcuni giorni prima del parto, pur confidando sempre nella Provvidenza, era pronta a donare la sua vita per salvare quella della sua creatura. “Mi disse esplicitamente” - ricorda il marito Pietro - “con tono fermo e al tempo stesso sereno, con uno sguardo profondo che non dimenticherò mai: Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete - e lo esigo - il bimbo. Salvate lui”.
Pietro, che conosceva benissimo la generosità di Gianna, il suo spirito di sacrificio, la ponderatezza e la forza delle sue scelte e delle sue decisioni, si sentì nell’obbligo di coscienza di doverle rispettare, anche se potevano avere conseguenze estremamente dolorose per lui e per i loro figli.
Per Gianna la creaturina che portava in grembo aveva gli stessi diritti alla vita di Pierluigi, Mariolina e Laura, e lei sola, in quel momento, rappresentava, per la creaturina stessa, lo strumento della Provvidenza per poter venire al mondo; per gli altri figli, la loro educazione e la loro crescita, ella faceva pieno affidamento sulla Provvidenza attraverso i congiunti.
La scelta di Gianna fu dettata dalla sua coscienza di madre e di medico e può essere ben compresa solo alla luce della sua grande fede, della sua ferma convinzione del diritto sacro alla vita, dell’eroismo dell’amore materno e della piena fiducia nella Provvidenza.
Il sacrificio e il dono della vita
Nel pomeriggio del 20 aprile 1962, Venerdì Santo, Gianna fu nuovamente ricoverata nell’Ospedale S. Gerardo di Monza, dove le fu provocato il parto, per espletarlo per vie naturali, ritenuta la via meno rischiosa, senza esito favorevole.
Il mattino del 21 aprile, Sabato Santo, diede alla luce Gianna Emanuela, per via cesarea, e per Gianna iniziò il calvario della sua passione, che si accompagnò a quella del suo Gesù sul Monte Calvario.
Già dopo qualche ora dal parto le condizioni generali di Gianna si aggravarono: febbre, sempre più elevata, e sofferenze addominali atroci per il subentrare di una peritonite settica.
“Gianna”, ricorda la sorella Madre Virginia, che, rientrata inspiegabilmente e provvidenzialmente dall’India potè assisterla nella sua agonia, “solo raramente svelava le sue sofferenze. Ha rifiutato ogni calmante per essere sempre consapevole di quanto avveniva e presente a se stessa. Non solo, ma per essere lucida nel suo rapporto con il suo Gesù, che costantemente invocava”. “Sapessi quale conforto ho ricevuto baciando il tuo Crocifisso!”, le disse Gianna, “Oh, se non ci fosse Gesù che ci consola in certi momenti!…”.
“Attingeva la forza del suo saper soffrire”, ricorda ancora Madre Virginia, “dalla preghiera intima manifestata in brevi espressioni di amore e di offerta: “Gesù ti amo” – “Gesù ti adoro” – “Gesù aiutami” – “Mamma aiutami” – “Maria…”, seguite da silenziose riflessioni”.
Nonostante tutte le cure praticate, le sue condizioni peggiorarono di giorno in giorno.
Desiderò ricevere Gesù Eucaristico anche giovedì e venerdì: causa l’incoercibile vomito, con suo grande rincrescimento, per non mancare di rispetto al Signore, si accontentò di ricevere sulle labbra una minima parte dell’Ostia.
Il fratello Ferdinando aveva accettato da Gianna l’incarico di avvisarla quando fosse giunto il momento della sua morte con una frase stabilita. Ferdinando non ebbe il coraggio di eseguirlo: ne incaricò Madre Virginia, che, al momento opportuno, disse a Gianna: “Coraggio, Gianna, Papà e Mamma sono in Cielo che ti aspettano: sei contenta di andarvi?” “Nel movimento del suo ciglio”, ricorda Madre Virginia, “si potè leggere la sua completa e amorevole adesione alla Volontà Divina, anche se velata dalla pena di dover lasciare i suoi amati figli ancor tanto piccoli. Gianna, come il suo Gesù, si consegnò al Padre”.
All’alba del 28 aprile, Sabato in Albis, venne riportata, come da suo desiderio precedentemente espresso al marito Pietro, nella sua casa di Ponte Nuovo, dove morì alle ore 8 del mattino. Aveva solo 39 anni.
I suoi funerali, celebrati nella Chiesetta di Ponte Nuovo, furono una grande manifestazione unanime di profonda commozione, di fede e di preghiera.
Fu sepolta nel Cimitero di Mesero, dove riposa tuttora nella Cappella di famiglia, mentre rapidamente si diffuse la fama di santità per la sua vita e per il gesto di amore grande, incommensurabile, che l’aveva coronata.
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G L I A P P U N T I D I G I A N N A
(dal sito giannaberettamolla.org)
Gli scritti di Gianna, appunti e lettere, sono certamente fra quanto di più significativo, prezioso e caro conserviamo di lei.
Gli appunti sono stati da lei manoscritti, in massima parte, per le sue conferenze alle giovani di Azione Cattolica, e, in piccola parte, sono ricordi e preghiere di Esercizi Spirituali, documenti e note che riguardano i suoi incarichi direttivi svolti nell’Azione Cattolica e nelle Conferenze delle Dame di San Vincenzo.
Gli appunti comprendono quadernetti e fogli sparsi, vari, ed occupano un arco di tempo che va dal marzo 1938 a quasi la vigilia delle nozze (24 settembre 1955).
Sono stati rintracciati nella casa Beretta di Magenta - la casa dei nonni paterni dove Gianna è nata e dove ha vissuto nel periodo della maturità, dal 1942 al 1955, - soltanto dopo la morte di Gianna, quando il Postulatore della Causa di Beatificazione, Padre Bernardino da Siena, aveva disposto che si ricercasse, con la massima diligenza, tutto quanto Gianna aveva potuto scrivere oltre alle lettere a congiunti, amici e conoscenti.
Dagli appunti e dai propositi scritti durante i ritiri spirituali emergono chiaramente le radici profonde della sua spiritualità, della sua grande fede, del suo spirito di preghiera, della sua fiducia nella Divina Provvidenza, del suo amore e del suo rispetto sacro per la vita.
Rileggendoli alla luce della sua vita, delle sue scelte, del suo comportamento, emerge chiaramente che quanto Gianna ha esposto e raccomandato alle sue giovani lo ha testimoniato e realizzato pienamente in lei stessa con coerenza e coraggio sino alla fine.
“Gianna”, ricorda il fratello Don Giuseppe, “ha esplicato il suo spirito di apostolato nell’oratorio delle Madri Canossiane di Magenta, dove, dopo la morte dei nostri genitori, nel 1942, la famiglia aveva ritrovato il suo nido. In questo oratorio, divenuto la sua seconda casa, Gianna, come delegata, teneva conferenzine settimanali alle sue giovani di Azione Cattolica”.
Ecco alcune delle sue riflessioni sulla preghiera, la devozione alla Mamma Celeste, l’apostolato, la vocazione, la missione di medico, la gioia, l’amore, e l’amore e il sacrifizio.
La preghiera
“La preghiera è la ricerca di Dio che sta nei cieli, e ovunque poiché è infinito…
Chi non prega, non può vivere in grazia di Dio.
Pregare, pregare bene, pregare molto. Non solo quando abbiamo bisogno di grazie, non solo per chiedere. La vera preghiera è quella
• di adorazione: riconoscimento della bontà, dell’amore di Dio
• poi di ringraziamento: sono un nulla, eppure sono un corpo, ho dei doni, tutto tuo dono - il mondo l’hai creato per me.
Vediamo la mano di Dio dappertutto, e ringraziamolo
• di perdono
• di richiesta: non solo le cose materiali, ma “cercate prima il Regno dei Cieli”, la grazia, il Paradiso per noi e per gli altri.
Pregate e vi santificherete - santificherete - vi salverete.”
(Quaderno dei ricordi durante i SS. Esercizi, ? 1944 - 1948)
La devozione alla Mamma Celeste
La devozione alla Mamma Celeste fu in Gianna intensa e determinante:
- per la vita di Pietà della giovane di Azione Cattolica, Gianna raccomanda con insistenza il S. Rosario e aggiunge: “senza l’aiuto della Madonna in Paradiso non si va.”
(Quaderno dei ricordi durante i SS. Esercizi, ? 1944 - 1948)
- “Amare la Madonna = confidenza tenera nelle nostre difficoltà. La Madonna è la Mamma non può lasciar cadere la nostra domanda.” (anni 1947 - 1948)
- Alle nuove Delegate delle Giovanissime di Azione Cattolica: “Amate le vostre bambine, vedete in loro Gesù fanciullo e pregate tanto per loro, tutti i giorni mettetele sotto la protezione di Maria Santissima.” (anno 1948)
L' apostolato
“La condizione più essenziale di ogni attività feconda è l’immobilità pregante. L’apostolato si fa prima di tutto in ginocchio.
Il Signore desidera vederci accanto a Lui per comunicarci, nel segreto della preghiera, il segreto della conversione delle anime che avviciniamo…
Non ci dovrebbe essere mai nessuna giornata nella vita di un apostolo che non comprenda un tempo determinato per un po’ di raccoglimento ai piedi di Dio…
Noi dell’Azione Cattolica dobbiamo dare del divino alle anime, non dell’umano. Ma capite bene che per poter dare dobbiamo avere, cioè dobbiamo possedere Dio.
Più si sente il desiderio di dare molto, e più sovente bisogna ricorrere alla sorgente che è Dio.”
(lunedì 11.11.1946)
“Pretendere di essere apostoli, di far parte dell’Azione Cattolica e non partecipare poi al sacrificio del Salvatore del mondo è pura immaginazione e illusione! Azione Cattolica è Sacrificio, non dimentichiamolo. Dobbiamo sempre accettare i sacrifici che ci vengono chiesti. Non ritirarsi quando ciò che vi si chiede di fare costa tempo, costa fatica, costa sacrificio. Le persone tiepide il Signore le detesta. La semigenerosità Gesù non l’amava.”
(lunedì 30.12.1946)
La vocazione
“Tutte le cose hanno un fine particolare. Tutte obbediscono a una legge: le stelle seguono la loro orbita, le stagioni si seguono in modo perfetto. Tutto si sviluppa per un fine prestabilito. Tutti gli animali seguono un istinto naturale. Anche a ciascuno di noi Dio ha segnato la via, la vocazione - oltre la vita fisica, la vita della grazia…
Dal seguire bene la nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna…
Che cos’è la vocazione? E’ un dono di Dio - quindi viene da Dio. Se è un dono di Dio, la nostra preoccupazione deve essere quella di conoscere la volontà di Dio. Dobbiamo entrare in quella strada:
1) se Dio vuole - non forzare mai la porta
2) quando Dio vuole
3) come Dio vuole
Conoscere la nostra vocazione – in che modo?:
1) interrogare il Cielo con la preghiera
2) interrogare il nostro direttore spirituale
3) interrogare noi stessi - sapendo le nostre inclinazioni.
Ogni vocazione è vocazione alla maternità - materiale - spirituale – morale, perché Dio ha posto in noi l’istinto della vita.
Il sacerdote è padre, le Suore sono madri, madri delle anime.”
(Quaderno dei ricordi durante i SS. Esercizi, ? 1944 - 1948)
La missione del medico
Bellezza della nostra missione
“Tutti nel mondo lavoriamo in qualche modo a servizio degli uomini. Noi (medici) direttamente lavoriamo sull’uomo. Il nostro oggetto di scienza e lavoro è l’uomo che dinnanzi a noi ci dice di se stesso, e ci dice “aiutami” e aspetta da noi la pienezza della sua esistenza…
Noi abbiamo delle occasioni che il sacerdote non ha. La nostra missione non è finita quando le medicine più non servono. C’è l’anima da portare a Dio e la nostra parola (dei medici) avrebbe autorità. Ogni medico deve consegnarlo (l’ammalato) al Sacerdote. Questi medici cattolici, quanto sono necessari!
Il grande mistero dell’uomo: egli è un corpo ma è anche un’anima soprannaturale. C’è Gesù (che dice): chi visita il malato aiuta “me”. Missione sacerdotale – come egli (il sacerdote) può toccare Gesù, così noi (medici) tocchiamo Gesù nel corpo dei nostri ammalati: poveri, giovani, vecchi, bambini.
Che Gesù si faccia vedere in mezzo a noi, trovi tanti medici che offrano se stessi per Lui. “Quando avrete finito la vostra professione – se l’avrete fatto – venite a godere la vita di Dio perché ero ammalato e mi avete guarito.”
(Blocchetto ricettario, ? 1950 - 1951)
La gioia
“Il mondo cerca la gioia ma non la trova perchè lontano da Dio.
Noi, compreso che la gioia viene da Gesù, con Gesù nel cuore portiamo gioia. Egli sarà la forza che ci aiuta.”
(Quaderno dei ricordi durante i SS. Esercizi, ? 1944 - 1948)
“Il segreto della felicità è di vivere momento per momento, e di ringraziare il Signore di tutto ciò che Egli nella sua bontà ci manda giorno per giorno.”
L’amore
“Amare vuol dire desiderio di perfezionare se stessa, la persona amata, superare il proprio egoismo, donarsi…
L’amore deve essere totale, pieno, completo, regolato dalla legge di Dio, e si eterni in Cielo.”
(Quaderno dei ricordi durante i SS. Esercizi, ? anni 1944 - 1948)
L’amore e il sacrifizio
“Amore e sacrifizio sono così intimamente legati, quanto il sole e la luce.
Non si può amare senza soffrire e soffrire senza amare.
Guardate alle mamme che veramente amano i loro figlioli: quanti sacrifici fanno, a tutto sono pronte, anche a dare il proprio sangue purché i loro bimbi crescano buoni, sani, robusti! E Gesù non è forse morto in croce per noi, per amore nostro! E’ col sangue del sacrificio che si afferma e conferma l’amore.
Quando Gesù, nella S. Comunione, ci mostra il suo cuore ferito, come dirgli che lo amiamo se non si fanno sacrifizi da unire ai suoi, da offrirgli per salvare le anime? E qual è la maniera migliore per praticare il sacrificio? La maniera migliore consiste nell’adorare la volontà di Dio tutti i giorni, in tutte le piccole cose che ci fanno soffrire, dire, per tutto quello che ci succede: “Fiat: la tua volontà, Signore!” E ripeterlo cento volte al giorno! Non sono solo le grandi penitenze: portare il cilicio, digiunare, vegliare, dormire sulle tavole ecc., che fanno sante le anime, ma il vero sacrificio è quello di accettare la croce che Dio ci manda – con amore, con gioia e rassegnazione…
“Amiamo la Croce” e ricordiamoci che non siamo sole, a portarla, ma c’è Gesù che ci aiuta e in Lui, che ci conforta, come dice S. Paolo, tutto possiamo.”
(anni 1945 - 1946)
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LA CANONIZZAZIONE
(da wikipedia)
Il 6 novembre 1972 l'arcivescovo di Milano, il cardinale Giovanni Colombo, promosse la causa di beatificazione della serva di Dio Gianna Beretta Molla. Il 6 luglio 1991, papa Giovanni Paolo II la rese venerabile.
Il 24 aprile 1994, in piazza San Pietro, Gianna fu proclamata beata [1] come "madre di famiglia" dal papa. Iniziò quindi il processo di canonizzazione con il susseguirsi di notizie circa fatti ritenuti prodigiosi grazie alla sua intercessione.
Il processo è terminato ufficialmente nel febbraio del 2004 e il 16 maggio 2004, nell'anno dedicato alla famiglia, Giovanni Paolo II, in Piazza San Pietro a Roma, ha proclamato Gianna santa [2] .
È la prima donna sposata salita alla gloria degli altari negli ultimi mille anni di storia della Chiesa cattolica. La sua memoria liturgica è il 28 aprile.
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CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 6 BEATI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Sesta Domenica di Pasqua, 16 maggio 2004
1. "Vi do la mia pace" (Gv 14,27). Nel tempo pasquale ascoltiamo spesso questa promessa di Gesù ai suoi discepoli. La pace vera è frutto della vittoria di Cristo sul potere del male, del peccato e della morte. Quanti lo seguono fedelmente diventano testimoni e costruttori della sua pace.
In questa luce mi piace contemplare i sei nuovi Santi, che la Chiesa addita oggi all’universale venerazione: Luigi Orione, Annibale Maria di Francia, Josep Manyanet y Vives, Nimatullah Kassab Al-Hardini, Paola Elisabetta Cerioli, Gianna Beretta Molla.
2. "Uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo" (At 15,26). Queste parole degli Atti degli Apostoli ben possono applicarsi a san Luigi Orione, uomo totalmente donato alla causa di Cristo e del suo Regno. Sofferenze fisiche e morali, fatiche, difficoltà, incomprensioni e ostacoli di ogni tipo hanno segnato il suo ministero apostolico. "Cristo, la Chiesa, le anime - egli diceva - si amano e si servono in croce e crocifissi o non si amano e non si servono affatto" (Scritti, 68,81).
Il cuore di questo stratega della carità fu "senza confini perché dilatato dalla carità di Cristo" (ivi, 102,32). La passione per Cristo fu l'anima della sua vita ardimentosa, la spinta interiore di un altruismo senza riserve, la sorgente sempre fresca di una indistruttibile speranza.
Quest’umile figlio di un selciatore proclama che "solo la carità salverà il mondo" (ivi, 62,13) e a tutti ripete che "la perfetta letizia non può essere che nella perfetta dedizione di sé a Dio e agli uomini, a tutti gli uomini" (ivi).
3. "Se uno mi ama, osserverà la mia parola" (Gv 14,23). In queste parole evangeliche vediamo delineato il profilo spirituale di Annibale Maria di Francia, che l’amore per il Signore spinse a dedicare l’intera esistenza al bene spirituale del prossimo. In questa prospettiva, egli avvertì soprattutto l’urgenza di realizzare il comando evangelico: "Rogate ergo… - Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,38).
Ai Padri Rogazionisti e alle Suore Figlie del Divino Zelo lasciò il compito di adoperarsi con tutte le forze perché la preghiera per le vocazioni fosse "incessante e universale". Questo stesso invito Padre Annibale Maria Di Francia rivolge ai giovani del nostro tempo, sintetizzandolo nella sua abituale esortazione: "Innamoratevi di Gesù Cristo".
Da questa provvidenziale intuizione è sorto nella Chiesa un grande movimento di preghiera per le vocazioni. Auspico di cuore che l’esempio di Padre Annibale Maria Di Francia guidi e sostenga anche in questo nostro tempo tale azione pastorale.
4. "El Espíritu Santo, que enviará el Padre en mi nombre, será quien os lo enseñe todo y os vaya recordando todo lo que os he dicho" (Jn 14, 26). Desde el principio el Paráclito ha suscitado hombres y mujeres que han recordado y difundido la verdad revelada por Jesús. Uno de éstos fue San José Manyanet, verdadero apóstol de la familia. Inspirándose en la escuela de Nazaret, realizó su proyecto de santidad personal y se dedicó, con entrega heroica, a la misión que el Espíritu le confiaba. Para ello fundó dos Congregaciones Religiosas. Un símbolo visible de su anhelo apostólico es también el templo de la Sagrada Familia de Barcelona.
[in lingua catalana]
Que sant Josep Manyanet beneeixi totes les famílies i us ajudi a portar els exemples de la Sagrada Família a les vostres llars".
[ ¡Que San José Manyanet bendiga a todas las familias y os ayude a llevar los ejemplos de la Sagrada Familia a vuestros hogares!]
Traduzione italiana delle parti pronunciate in spagnolo ed in catalano:
[4. "Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Gv 14, 26).
Sin dall'inizio il Paraclito ha ispirato uomini e donne che hanno ricordato e diffuso la verità rivelata da Gesù. Uno di questi è stato san José Manyanet, vero Apostolo della famiglia. Ispirandosi alla scuola di Nazareth, ha realizzato il suo progetto di santità personale e si è dedicato, con sollecitudine eroica, alla missione che lo Spirito gli ha affidato. A tal fine ha fondato due Congregazioni Religiose. Un simbolo visibile del suo anelito apostolico è anche il tempio della Sacra Famiglia di Barcellona.]
Que sant Josep Manyanet beneeixi totes les famílies i us ajudi a portar els exemples de la Sagrada Família a les vostres llars".
[¡Que San José Manyanet bendiga a todas las familias y os ayude a llevar los ejemplos de la Sagrada Familia a vuestros hogares!]
[Che San Giuseppe Manyanet benedica tutte le famiglie e vi aiuti a portare gli esempi della Sacra Famiglia alle vostre case!]
5. Homme de prière, amoureux de l’Eucharistie qu’il aimait adorer longuement, saint Nimatullah Kassab Al-Hardini est un exemple pour les moines de l’Ordre libanais maronite comme pour ses frères libanais et pour tous les chrétiens du monde. Il s’est donné totalement au Seigneur dans une vie de grand renoncement, montrant que l’amour de Dieu est la seule véritable source de joie et de bonheur pour l’homme. Il s’est attaché à chercher et à suivre le Christ, son Maître et Seigneur.
Accueillant à ses frères, il a soulagé et guéri beaucoup de blessures dans les cœurs de ses contemporains, leur témoignant la miséricorde de Dieu. Puisse son exemple éclairer notre route, susciter chez les jeunes en particulier un vrai désir de Dieu et de la sainteté, pour annoncer à notre monde la lumière de l’Évangile !
Traduzione italiana della parte pronunciata in francese:
[5. Uomo di preghiera, innamorato dell'Eucaristia, che gli piaceva adorare a lungo, Nimatullah Kassab Al-Hardini è un esempio per i monaci dell'Ordine libanese maronita, come pure per i suoi fratelli libanesi e per tutti i cristiani del mondo. Egli si è donato totalmente al Signore in una vita di grande rinuncia, mostrando che l'amore di Dio è l'unica fonte autentica di gioia e di felicità per l'uomo. Egli si è dedicato a cercare e a seguire Cristo, suo Maestro e Signore.
Accogliendo i suoi fratelli, egli ha dato sollievo e ha curato molte ferite nel cuore dei suoi contemporanei, testimoniando loro la misericordia di Dio. Possa il suo esempio illuminare il nostro cammino, suscitare, in particolare tra i giovani, un desiderio autentico di Dio e di santità, per annunciare al mondo presente la luce del Vangelo!]
6. "L’angelo… mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo" (Ap 21,10). La splendida immagine proposta dall’Apocalisse di Giovanni esalta la bellezza e la fecondità spirituale della Chiesa, la nuova Gerusalemme. Di questa fecondità spirituale è singolare testimone Paola Elisabetta Cerioli, la cui esistenza fu copiosa di frutti di bene.
Contemplando la Santa Famiglia, Paola Elisabetta intuì che le comunità familiari restano solide quando i legami di parentela sono sostenuti e cementati dalla condivisione dei valori della fede e della cultura cristiana. Per diffondere questi valori la nuova Santa fondò l’Istituto della Sacra Famiglia. Era infatti convinta che i figli, per crescere sicuri e forti, hanno bisogno di una famiglia sana e unita, generosa e stabile. Aiuti Iddio le famiglie cristiane ad accogliere e a testimoniare in ogni circostanza l’amore di Dio misericordioso.
7. Dell’amore divino Gianna Beretta Molla fu semplice, ma quanto mai significativa messaggera. Pochi giorni prima del matrimonio, in una lettera al futuro marito, ebbe a scrivere: "L’amore è il sentimento più bello che il Signore ha posto nell’animo degli uomini".
Sull’esempio di Cristo, che "avendo amato i suoi… li amò sino alla fine" (Gv 13,1), questa santa madre di famiglia si mantenne eroicamente fedele all’impegno assunto il giorno del matrimonio. Il sacrificio estremo che suggellò la sua vita testimonia come solo chi ha il coraggio di donarsi totalmente a Dio e ai fratelli realizzi se stesso.
Possa la nostra epoca riscoprire, attraverso l’esempio di Gianna Beretta Molla, la bellezza pura, casta e feconda dell’amore coniugale, vissuto come risposta alla chiamata divina!
8. "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Gv 14,28). Le vicende terrene di questi sei nuovi Santi ci spronano a perseverare sulla propria strada, confidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente intercessione
ma il carattere dell impegno e i frutti dell impegno non ci sono da nessuna parte???????? :? uffa!!!